sabato 9 marzo 2002

Kenya 12 - Sviluppo


Il nostro impiegato Keter, ci aveva chiesto un paio di mesi fa un prestito, come anticipo sullo stipendio, perche’ in vista del suo matrimonio voleva iniziare un “business”: compravendita di piretro. Il piretro cresce molto bene sulle colline alte e piovose di Bomet, e piantarlo e’ considerato un buon investimento. I fiori si possono raccogliere ogni due settimane, e un chilo viene pagato 100/120 KSH, l’equivalente di 1,5 - 1 Euro.
Il fatto che sia considerato un buon investimento da la misura dell’economia delle zone rurali, dove una famiglia possiede in media un paio di acri di terra (considerate che I fiori di piretro sono simili ai fiori di camomilla).
Il commercio del piretro e’ nazionalizzato, e il prezzo e’ fissato dal Pyrethrum Board, una specie di banco del piretro. L’idea di Keter, come anche quella di un paio di gruppi di donne a cui abbiamo dato un prestito, era quella di comprare piretro dagli agricoltori e venderlo al Pyrethrum Board, come fanno molti.
Oggi chiacchierando abbiamo chiesto a Keter:
“Allora il tuo business col piretro?”
“ Ah, non l’ho mai iniziato”
“ E …come mai?” (visto che il prestito l’ha avuto! Non sara’ il solito fatalismo africano?)
“ Perche’ il prezzo del piretro e’ sceso a 4 Ksh al kilo”
“ Come 4…non era sui 100 Ksh????”
“ Si, quattro, l’ha deciso il governo”
Entro dicembre ci saranno le elezioni, e il governo ha bisogno dei soldi per la campagna elettorale, deve in qualche modo trovare I soldi, e li tira fuori dal piretro: questo e’ quello che pensa la gente.
Moi deprezza uno dei prodotti piu’importanti per I piccoi agricoltori delle zone rurali (l’80% della popolazione), anzi, piu’ che deprezzare, azzera il valore del piretro in Kenya. La stessa cosa e’ stata fatta negli ultimi anni col latte (fallita la KCC, azienda nazionalizzata per la raccolta del latte), col mais (fallito il NCPB), con lo zucchero, con Il cotone. Il Kenya produce da solo l’80% del piretro a livello mondiale, e la gente adesso sta sradicando ettari di piretro, come aveva fatto con la canna da zucchero, quando per anni l’industria nazionalizzata non ha pagato I contadini che portavano il proprio prodotto. L’allevamento di mucche da latte, anche a Bomet che sarebbe una zona ad altissimo potenziale, oramai e’ completamente ignorato. Il fluttuare del prezzo del mais, in assenza di un controllo statale, va da prezzi bassissimi nella stagione della raccolta, quando I contadini hanno esigenza di vendere, a prezzi proibitivi quando I contadini hanno venduto tutto e non hanno di che sfamare le proprie famiglie.
Il Kenya adesso importa zucchero (il Kenya!! Che era uno dei maggiori produttori), latte, cotone e anche energia elettrica, pur avendo un sistema di centrali idroelettriche che era fra I piu’ avanzati del Centr’Africa.
A me di criticare altri governi o popoli proprio non riesce adesso che abbiamo Berlusca: pero’ la caduta libera dell’Africa e’ spaventosa.

Il NCPB, il banco del grano, e’ fallito anni fa, per ruberie e corruzione, dopo anni che comprava mais dagli agricoltori senza pagarli. Quest’anno Moi ha deciso che bisogna riaprire I depositi: anche quello enorme di Bomet funziona. Grossi camion provenienti da varie parti del distretto hanno cominciato a portare I raccolti locali.
E’ stato dato l’ordine di riaprire I depositi, ma non ci sono soldi per pagare I contadini, che hanno ricominciato a vendere gratis il proprio mais al governo (il quale lo rivendera’ fra qualche mese agli stessi contadini a 1000 Ksh il sacco). Verrebbe spontaneo chiedersi: ma perche’ ci credono ancora? Perche’ portano il mais al governo?
Perche’ qui si parla di popolazioni analfabete sotto la soglia della poverta’, che fanno quello che I propri uomini politici dicono loro, che non hanno alternative possibili, che portano il mais gratis al governo, che sradicano il piretro e la canna da zucchero, che si mangiano le mucche da latte.

A volte io e Aldo ci arrabbiamo di fronte all’immobilismo africano, perche’ non e’ possibile l’aspirazione collettiva si limiti all’avere ugali e sukuma (polenta e coste lesse) pranzo e cena 365 giorni l’anno.
In altri momenti invece capisci che l’Africano e’ saggio. Ha centinaia di fallimenti sulle spalle, suoi, dei suoi famigliari, dei suoi amici, degli abitanti del villaggio, di tutti quelli che ci hano provato: sa che e’ piu’ saggio porsi mete minori, ugali e sucuma appunto.
Chi te lo fa fare di provarci, e provarci, quando sempre, e sempre e sempre il risultato e’ un fallimento?

Un piccolo esempio: Si mettono assieme 20 donne, frequentano I nostri corsi, capiscono cosa significa guadagno, costo, valutare un business piuttosto che un altro; si impegnano poi in un prestito di 50.000 KSH (735 Euro) da restituire in 6 mesi, convinte che finalmente ce la faranno, perche’ si metteranno nella compra-vendita piretro, e col piretro puoi avere un profitto di 20 Ksh ogni 100; cosi’ riesci tranquillamente a ripagare il prestito, e poi il gruppo ha il capitale, e finalmente col guadagno puo’ pensare a costruire tank per l’acqua, comprare una vitella per ogni membro, aiutare le donne a mettere in piedi chioschi o negozietti…e Il governo, senza un giorno di preavviso passa il prezzo da 120 a 4 Ksh al kilo. Piu’ saggio mirare a ugali e sukuma.

Lo stesso ci e’ successo con un gruppo di donne che si era messo nella compravendita mais: le donne hanno comprato il mais e lo hanno portato al NCPB. IL NCPB promette da mesi di pagarle, ma dei soldi neanche l’ombra.
L’Africa e’ depredata sistematicamente di tutto quello che possiede: da noi, e dai suoi governanti venduti, formati nelle scuole cattoliche del paese (che crescono la classe dirigente piu’ corrotta del mondo), comprati dal migliore offerente in ogni campo.

Cosa regge in Kenya, economicamente parlando? Te e floricultura. Due beni esclusivamente destinati all’esportazione, totalmente in mano a multinazionali straniere.
I braccianti delle serre di Naivasha sono migliaia di persone, l’economia di una regione si regge sulla floricoltura da esportazione. E i braccianti sono una delle classi sociali piu’ povere e a rischio malattie del paese.
10-12 ore di lavoro massacrante in gigantesche serre che per chilomerti ricoprono le rive del lago naivasha sono pagate 60 Ksh al giorno (0,8 Euro). Tra queste famiglie si stanno diffondendo tutte le malattie da malnutrizione, aumentoano le allergie, le malattie polmonari, e I fenomeni di cecita’, a causa dei forti pesticidi utilizzati nelle serre.
Lo stesso accade ai braccianti del te. Abbiamo molti orfani alla Casa di Laura figli di barccianti di te delle vicine e sterminate piantagioni di Kericho.
Ma quali alternative ci sono quaggiu’?

Anche la cooperazione e’ un bel giochino per noi ricchi. Un arma per mantenere I governi in stato di dipendenza; un modo per comprarsi regimi compiacenti che poi come contropartita svendono le ricchezze dello stato, oppure una vera e propria presa in giro.
Per esempio: all’ultimo G8 e’ stata deliberata l’istituzione del Global Fund for AIDS Malaria and Tubercolosis – tre flagelli molto gravi nel majority world.
Si tratta di 1.4 bilioni di dollari che gli stati “ricchi” hanno deciso di stanziare (l’italia concorre con 200 milioni di dollari) per “combattere seriamente queste pandemie apocalittiche”, ed e’ stato presentato dai mass media internazionali come un illuminata presa in carico del problema da parte della societa’ occidentale, che finalmente si mette d’accordo per correre in aiuto dei paesi piu’ poveri.
Mi sto occupando per lavoro di capire come funziona questo GFAMT.
A parte il fatto che la somma stanziata e’ ridicola (gli Usa per esempio stanziano la meta’ dell’Italia , e briciole rispetto alle cifre investite per finanziare e sostenere il regime demoniaco dei taliban fino all’altro ieri), la cosa piu’ grave e’ che il meccanismo di distribuzione prevede di passare per I governi dei vari paesi che presentino una richiesta.

Ora, come tutti sanno, se gli aiuti internazionali passano per I governi, alla gente dei soldi stanziati non arrivera’ neanche una lira. Qui in Kenya e’ gia’ chiaro a tutti, addetti ai lavori e gente comune. Nei 20 mesi che ho passato qui ho toccato con mano questo meccanismo diverse volte.

Esempio 1: il mega programma della banca mondiale per risanare gli slum di Nairobi (1 milione di persone gli abitanti): il governo ha incassato, ma dalle sue casse non e’ uscita una lira. Non solo, ma il governo Kenyano ha rifiutato due successivi progetti, dei Francesi e dei Giapponesi che prevedevano la stessa cosa (risanamento degli slum): sono un serbatoio troppo prezioso di miseria manipolabile.

Esempio 2: un altro programma della banca mondiale il “Training Voucher Program”, mirato a fornire a prezzo simbolico (circa 15 euro) formazione professionale specifica a chiunque lo richiedesse. Il prezzo proposto rappresentava un decimo del costo reale. Il governo del Kenya si e’ incaricato di raccogliere questo decimo, attraverso un meccanismo di agenzie locali che pubblicizzavano il programma, raccoglievano il contributo dell’aspirante artigiano ed avrebbero dovuto organizzare I corsi usufruendo degli ulteriori 9/10 forniti dalla BM.
Un agenzia del genere c’era anche a Bomet, e conoscevamo bene I losco figuro che ci lavorava. Neanche a dirlo che il governo non solo ha incassato I 9/10 dalla Banca Mondiale, ma si e’ fatto anche consegnare il decimo rimanente dalla povera gente che al programma aveva creduto. Cosi’ ci ha anche guadagnato. Il losco figuro, dopo mesi di raccolta contributi e’ semplicemente sparito.

Esempio 3: la Poverty Eradication Commission! Anche questa toccata con mano.
L’United Nations Development Program (UNDP) ha stanziato fondi cospicui (milioni di dollari) perche’ I governi, attraverso un meccanismo di commissioni decentrate nei vari distretti, valutassero quei progetti comunitari meritevoli, e li proponessero per il finanziamento. Cos'’e’successo? Queste commissioni, formate di furbacchioni a livello sia locale che centrale, invece di andare veramente da quei gruppi un minimo organizzati, si sono sguinzagliati nelle campagne, contattando I gruppi di donne piu’ semplici, quelli che puoi promettergli quello che vuoi, raccogliere la documentazione necessaria e poi sparire. La commissione e’ venuta anche a Bomet: 7 gruppi di donne che seguiamo hanno ricevuto la visita della commissione e sono stati approvati I finanziamenti richiesti. Molti erano stati assistiti da noi nella formulazione della proposta.
E’ da novembre che corriamo dietro al responsabile dell’esborso dei soldi: l’assegno e’ arrivato a Bomet, ma le donne non lo vedranno mai. Il tipo oramai non ci saluta neanche piu’; ci ha eccepito un sacco di intoppi formali (insensati); non riusciamo ad avere risposte noi che abbiamo una credibilita’ e I mezzi intellettuali e professionali per capire quando qualcuno ci sta prendendo in giro, figurarsi le povere donne di villaggio per le quali venire a Bomet e’ come andare a Los angeles.

Insomma; e’ ovvio che tutti lo sanno. Ma I grandi organismi internazionali continuano a canalizzare gli aiuti tramite I governi.
E adesso il Global Fund on AIDS: il Kenya sta pre presentasre una richiesta (corredata di fantastica proposata di progetto) per 35 milioni di dollari. Li avra’ o no?
In Kenya muoiono ogni giorno 700 persone di AIDS; le cure sulla base dei retrovirus non sono accessibili alla popolazione. Un preservativo costa 10 Ksh; a Bomet una prostituta costa massimo 50 Ksh. La paga giornaliera di un lavoratore non supera I 150 Ksh. Sul lago vittoria la percentuale di sieropositivi nella popolazione arriva oltre il 50%. Sul lago vittoria le donne si prostituiscono per due pesci; neanche I cilienti hanno I soldi per pagare, danno quello che pescano. E’ prostituzione per fame, figurarsi chi pensa a comprare un preservativo.

Li avra’ questi 35 milioni di dollari o no?
In Kenya siamo in campagna elettorale: ci saranno le elezioni entro fine anno. Non sto a spiegare tutta la situazione politica che e'’molto complessa. Ma tutti sanno che far arrivare questi 35 milioni di dollari quest’anno significa consegnarli direttamente a Moi per la campagna elettorale, e diciamo, come buon uscita per un dittatore che deve garantire a se e ai suoi immunita’ e rendite per il futuro.

Ma li avra’ o no?
Gli USA (che vedono il demonio di qua e di la a seconda di dove tira il puzzo di doldi) stanno finanziando l’opposizione qui in Kenya. Vogliono sbarazzarsi di Moi. Come pesera’ questa decisione sugli esborsi del Global Fund? Gia’ hanno bloccato quelli del Fondo Mondiale, da qualche anno, a scopo dimostrativo.
Adesso come agiranno? Vogliono mettere in pensione un vecchietto che se ne stia poi buono e tranquillo, o gia’ lo considerano irrilevante e quindi faranno arrivare questi aiuti l’anno prossimo, quando saranno incassati dal “nuovo che viene”?

(Piccola parentesi: il nuovo che viene e’ rappresentato qui da Niachae, il braccio destro di Moi per 20 anni, e Kones, il braccio sinistro per gli stessi 20 anni. Adesso stanno tentando di ammazzarsi a vicenda da un paio d’anni.
Kones tra parentesi era il nostro padrone di casa fino all’anno scorso, e’ di Bomet e fino a che non ci siamo sistemati la casa dove stiamo ora, eravamo suoi inquilini: era l’unico a Bomet oltre al prete ad avere il cesso con lo sciacquone, e a noi ci serviva!!!)

Insomma tutta una gran giostra.
Non era piu’ efficace stipulare un accordo globale per liberare I farmaci cura dell AIDS dai copiright e renderli fabbricabili a basso costo da tutti? Invece che lasciare il Sud Africa da solo a combattere questa battaglia?






sabato 2 marzo 2002

Kenya 13 - Quotidiano a bomet

10.1.2002


Quando sono riapparsi mi sono resa conto di quello che da un po’mancava a Bomet: I bimbi in divisa! Anche qui dopo natale hanno riaperto le scuole, e oggi il primo gruppo in grembiuli a quadretti e maglioncini blu mi ha salutato: “ AUAIU’! AUAIU’! AUAIU’ “ Un treno di vocali urlate a squarciagola: come tutti quelli che sono stati qui sanno, nel linguaggio dei bambini africani significa “How are you?” Come stai?

Macchie blu della Bomet Accademy, macchie verdi della Sant. Mary’s, macchie rosse della Bomet Primary, macchie rosa quelli dell’Africa Gospel. A Bomet town ci sono diverse scuole: la Bomet Primary e’ quella statale; ci va solo chi non puo’ permettersi una scuola privata, molto piu’ costosa, come quella cattolica o quella degli evangelici. La statale e’ un disastro, nessuno dei maestri che ci insegnano ci manda I propri figli, non e’ una scuola, e’ poco piu’ che una lunga baracca che ospita piu’ di 900 bambini in grembiuli rossi stracciati e rattoppati. Nella pausa pranzo vedi tutta la frotta che si riversa giu’ per la collina della scuola, verso il paese, e a grupetti si dirigono a casa a mangiare. La percentuale di bambini senza scarpe, tra chi veste l’uniforme rossa, credo sia intorno al 70%; quella di chi ha l'uniforme intera, senza strappi, cuciture, maniche mancanti, sara’ del 30.

Chi veste in verde, Sant’Mary’s, la scuola cattolica, e’ figlio della Bomet “da bere”. Sono tutti bimbi con scarpe e cartella, e molti si fermano a comprare le pagnotte dolci ai chioschi.

In kenya il livello dell’istruzione e’ bassissimo, e I costi della scuola sono completamente sostenuti dalle famiglie: il governo si sta tirando fuori da tutto.

L’anno scorso a Bomet c’e’ stata una raccolta fondi (un harambee) per la Primary appunto, con ospiti illustri: la cifra portata da questi signoroni e’ stata 300.000 ksh, circa 9 milioni. Qui ci costruivi meta’ scuola in pietra. Come ogni fondo pubblico invece, il sole dell’equatore l’ha fatto evaporare senza lasciare traccia.

Da quest’anno Moi (il presidente) ha deciso (perhce’ Moi decide, e quello che decide e’ legge) che I genitori non devono piu’ pagare alcuna tassa scolastica. Il che significa: morte delle scuole, perche’ il governo non passa una lira, a parte gli striminziti stipendi dei maestri. La ragione? Moi dice che e’ perche’ non si possono costringere I genitori a sobbarcarsi I costi dell’istruzione scolastica. Non dice pero’ chi li dovrebbe sostenere. Allo stato delle cose nessuno.




14.01.2002

Ieri e’ venuta a casa da noi una donna, Agnes, che da qualche mese segue I corsi e gli incontri del gruppo dei mattoni. E’ una donna che e’ rimasta vedova, e che comprando e vendendo mais, patate e piccole cose e’ riuscita da sola a far studiare I quattro figli. Vive in capanna in un villaggio che si chiama Masese, e veniva a chiederci un prestito di 600.000 L.

E’ arrivata cortese e con il suo fazzoletto in testa (nei villaggi tutte le donne portano fazzoletti colorati)e ha aspettato qualche ora perche’ noi non c’eravamo. Deve pagare la rata della scuola dei due piu’ giovani, che sono ancora alle superiori: per pagare quella dello scorso semestre e’ stata costretta a usare Il piccolo capitale che usava nel suo business di compravendita mais e patate. Le sue patate poi non sono spuntate, e lei si e’ ritrovata senza nulla, senza neanche I soldi per comprare il mais da piantare. Significa non che I figli non potranno permettersi Il semestre, ma fame.

Voleva sapere se potra’ accedere a uno dei prestiti del programma che portiamo avanti qui a bomet.

Siamo state per un po’ a parlare sedute sul divano. Con voce pacata mi diceva “ Is very hard”. E’ molto dura, non ho piu’ niente.

Noi proprio non sappiamo piu’ cosa vuole dire non ho piu’ niente. Ninente qui e’ niente.

Per chiedermi il prestito e’ venuta a piedi.

Da Masese?

Si.

Ma quanto ci hai messo?

Poco, c’e’ la scorciatoia, dice mostrandomi le colline di fronte a casa.

Ma poco quanto? Tre ore.




17.01.2002

Tutte le bouganville sono fiorite: il vialetto della parrocchia e’ una nuvola bordeaux e viola intenso. Sto aspettando Mourine: c’e il silenzio dell’Africa. E cioe’ giochi di bambini, che vivono nelle stanze che affitta la parrocchia, due gru che ci volano sopra la testa, il sole riflesso nel viale rosso e viola intenso. Dal fresco dell’ombra dove mi trovo vedo una donna imboccare il viale, con un enorme fagotto in testa, un lenzuolo legato ai quattro angoli che contiene fieno. Avanza silensiosa, in un momento che si sente come magico: e’ anziana, scalza, non piegata sotto il peso. Avanza lieve. I bimbi la vedono, si illuminano, sussurrano emozionati “Baba!!” –nonna- e le corrono incontro allegri e silenziosi.

Sembrava che nessuno avesse il coraggio di rompere l’incanto del momento.




25.01.2002

Abbiamo trovato un altra incredibile attrattiva nella grande citta’ di Bomet: il Video Club, e cioe’ il noleggio videocassette. Ce ne sono due: uno e’ nel mercato, cioe’ sospeso sopra la fogna. Si tratta di baracca di legno lunga. Apri la porta…e sei sommerso da un puzzo intensissimo, di almeno 30-40 persone sedute al buio sui sedie che poggiano sul fango e che guardano un televisore precariamente appoggiato su una mensola alta, in fondo alla baracca. Il padrone ti fa attraversare la sala (ovviamente tutti per 10 minuti non seguono piu’ il film) e passi con lui in uno sgabuzzo di legno e cartone (piu’ cartone che legno) nel quale c’e’ il generatorino, il bracere coi fagioli, il letto del padrone della baracca e un paio di scaffali precari e marci con una 50ina di videocassette da noleggiare: tutte kung-fu, sbudellamenti, sparatorie, e macelli vari di quart’ordine (tipo il film col cugino di Bruce Lee, o con il fratello di Van Damme…).

Tra il puzzo e la scelta che ci si presentava, abbiamo cercato di fare veloci….Abbiamo optato per una videocassetta “normale”, e cioe’ “Jurassic Park”, mai pensato di vederlo in italia, ma sopra la fogna le prospettive cambiano.

Giusto per curiosita’ andiamo a vedere anche l’altro videonoleggio, ai piani alti di uno dei due edifici alti di bomet. Ballatoio che da su panorama tipo Beirut, ma dentro pulizia e ordine: e’ il video’noleggio della “Bomet Bene”. Scaffali bianchi, segretaria, registration fee: 500 Ksh (carissimo! La paga giornaliera qui va dagli 80 ai 150 Ksh), scelta vagamente migliore. Diciamo da hooligan del bologna che trova I film per se e per la fidanzata. Prendiamo un film con Harrison Ford (non ricordo il titolo). Ci iscriviamo ed entriamo a pieno titolo nel gota dei soci del video club. Altri membri: il prete (che incontriamo nel negozio e ci consiglia una serie di film di bambini sparati e mamme disperate), il padrone dell’ingrosso birre, della ferramenta, il preside della scuola, il chief, qualche impiegato comunale.

Ci prepariamo la video-night, con trepidazione inimmaginabile in italia: ci facciamo prestare televisione e video da Bet (a cui sono stati regalati da un vicino, che se li era comprati senza pensare che viveva in una casa di fango senza luce), divano con cuscini, birra, pop-corn. E…viaaaa!

Il primo film ci e’ durato 17 minuti, il secondo un po’ di piu’, forse 32: poi la pellicola ha cominciato a ballare furiosamente ed e’ stato impossible proseguire la visione. Si sentiva solo l’audio, e si vedevano striscie e luci: come I film criptati. Delusione colossale dopo 20 mesi di Bomet.

Ma ci hanno assicurato che se le videocassette sono difettose possiamo sostituirle!!




6.02.2002

La saga delle galline continua: ieri ho trovato la gallina rossa senza un occhio.

La stessa che a gennaio avevamo trovata completamente sventrata. A me subito sono venute le mani molli; l’occhio era come sparito, al suo posto una patina bianca.

Non so, una gallina sfigata, o con tendenze autolesioniste, forse che stia cercando di uccidersi…cervello flippato di gallina…poveretta la mia gallina rossa!

Va be, non sapendo bene cosa fare, apro lo stesso il pollaio. La gallina-toro, quella col pulcino, temuta anche dai gatti e dai bambini (che vengono da me dicendo “Your hen is dangerous”- la tua gallina e’ pericolosa) esce e svolazza via subito col pulcino; la rossa esita. Guarda tutto di sbieco (da un lato non ci vede), non riesce bene a infilare la porticina nella rete, si blocca sula scala, si butta di sotto. La vedo andarsene un po’ perplessa e a zig zag, ma non particolarmente provata. Le galline non sembrano mai particolarmente agitate.

Per tutto il giorno non la vediamo (e’ sabato, e siamo a casa a ciapinare), poi mentre sto leggendo in veranda, verso le quattro, arriva. Appare alla recinzione, e sembra ubriaca fradicia (e del resto il sabato pomeriggio a Bomet il 95% della popolazione brancola ubriaca da un bar all’altro), fa un passo e poi rotea tutta la testa per vedere dove va; inciampa, casca nel buco dove bruciamo la spazzatura, si blocca contro il muro di recinzione senza capire perche’ non riesce ad andare oltre: non ha piu’ neanche l’altro occhio!!

Arrgggg, ma allora e’ malata! E’ una malattia!!!Galinamalataaaa!!!!

Subito la prendiamo coi guanti –Coo-coo?- e ci rendiamo conto che gli occhi sono ricoperti da una spessa membrana bianca, e lacrimano tutti.

Terrore per le malattie africane che si propagano dalle galline agli umani.

La chiudiamo nel cesso esterno, chiudendo il buco con una pietra (per evitare ulteriori gesti sconsiderati della gallina), e decidiamo di consultare un veternario. Bomet e’ un paese rurale, e ci sono almeno 6 negozi di prodotti agro-veterinari.

Responso: la gallina ha la coccidiasi, detta anche Newcastle Desease, infezione di non so che che colpisce gli occhi e uccide. MA: vendono la cura.

Compriamo la polverina antibiotica puzzolente, che cosi’ dovrebbe piacere alla gallina, e comincia la cura.

Io la tengo ferma coi guanti, aldo con una siringa le inietta in gola l’acqua in cui abbiamo sciolto l’antibiotico; decidiamo anche di pulirle gli occhi con acqua e amuchina…e…miracolo!!! La gallina li riapre!!!! Miracolo miracolo, sento che non morira’, sono molto felice, la chiudiamo tutta la notte nella latrina, con cibo e acqua imbevuti di antibiotico. Chirchir, la nostra guardia notturna, impressionata dal nostro intervento di alta tecnica infermieristico-veterinaria, decide di pregare per la gallina.

Ormai il patos attorno alle mie galline e’ generalizzato… mi sento un po’ ridicola oggettivamente, ma la gallina e’ sotto la mia cura, e si deve fare il possibile.

La mattina dopo…e’ ancora vivaaa!!!! Troppo contenta: la gallina sfigata resiste!

Decidiamo quindi di darle antibiotico e disinfettarle gli occhi mattina e sera.

Riafferriamo la gallina, le facciamo l’impacco agli occhi, che sono sempre gonfi e orripilanti, ma in via di miglioramento, e poi via, siringatone in gola di acqua e antibiotico.

Ma, attimi di panico: alla prima siringata, la gallina, da tesa e incazzata che e’, sbarra gli occhi, si immobilizza un attimo, si ammolla tutta, e…. sviene!!! Sviene sul cemento!

-Oddio Aldo, la gallina e’ svenuta!- Aldo si pietrifica, e nello stesso istante entrambi ci rendiamo conto che aldo invece di siringarla con l’antibiotico l’ha siringata con l’amuchina!!! Aaaarggg! Hai ucciso la mia gallinaaaaa! Ha imbottito la gallina di candeggina!!!

La gallina resta immobile per un po, in un silenzio carico di accuse e indignazione; poi, inaspettatamente, come nei film americani quando si scopre che l’eroe fingeva di essere morto, ma non lo era, anche lei apre un occhio, tira su la testa, e senza alcun segno del trauma appena subito, si ritira in piedi: la gallina si piega ma non si spezza!!!!

Adesso e’ ancora sotto cura, ma sembra stia meglio; gli occhi migliorano, le diamo sempre l’antibiotico, e Chirchir e’ contento, peche’sostiene che se si prega tutto si risolve. Sempre.




13.02.2002

Abbiamo scoperto che quando I bimbi dei nostri vicini fanno I capricci, tipo che non vogliono mangiare, o andare a scuola, o a letto, le mamme li minacciano dicendo: “Guarda che adesso chiamo Aldo che ti mangia!”.

Noi abbiamo l’uomo nero, loro l’uomo bianco!

Aldo e’ divantato il babau dei bambini di bomet.



15.02.2002

Oggi andiamo a Masese col manager del Village Bank che lavora con noi, per valutare quanto esborsare in microprestiti al gruppo di Agnes.