lunedì 27 novembre 2000

Kenya 5 - Spiazzati


Carissimi,

finalmente sabato, finamlente relax...beh, non e' che ci sia stress negli altri giorni, stress non e' una parola conosciuta quaggiu'; il fatto e' che sei mesi ci sono serviti per capire che qui, se vuoi ottenere 10 devi fare 100, e quindi ci siamo messi veramente sotto, e stiamo lavorando un sacco...il che significa che spesso e volentieri ti devi tenere le budelle, che se no si arrotolerebbero dal nervoso, sopratuttto quelle di Aldo, che soffre particolarmente dell'impossibilità di applicare il nostro modo di lavorare alle persone e ai tempi africani.


Quì tutto è diverso: le persone crescono e si formano in modo radicalmente diverso. E soprattutto quando si mettono a confronto un occidentale che ha un obiettivo lavorativo da raggiungere in un tempo dato, e dei locali che ti tempo ne hanno avuto a sufficenza per stare a guardare forse innumerevoli occidentali con un progetto ed un tempo per realizzarlo, allora l'incomprensione e l'irritazione reciproca è certa. E'chiaro che la necessità di fare una certa cosa con la convinzione che questa possa servire a migliarare la situazione, ce l'abbiamo solo noi.

E comunque anche la possibilità di comprendere che dandosi da fare in un certo modo si avranno determinati risultati; perchè, come dicono loro, noi siamo "exposed", e coiè siamo familiari con le modalità che cerchiamo di applicare quaggiù, e i risultati che si possono ottenere. Loro no. Al limite sono exposed ai "failures", ai quasi inevitabili fallimenti di progetti che si basano sul micro e non sul macro.


A volte è impossibile mantenere la calma, perchè ci scontriamo con un fatalismo e un immobilismo micidiali, soprattutto da parte di chi occupa le posizioni di potere, per piccolo che sia. Aldo l'altro giorno all'apice di un ennesima incazzatura per l'inaffidabilita' delle persone (un vicentino trapiantato in Africa rurale!!!ahahahahahaha!!!!) ha affermato che se portassimo qui tutti i ritardati d'italia forse questo paese avrebbe delle speranze migliori che se lasciato in mano agli africani. Ma aldo non è razzista: è nella fase "esasperazione prima della comprensione". Prima ci si ferma, poi si riparte. Ma fermarsi è molto difficile.

E se non ti fermi e continui come prima, allora sbatti contro ad un muro. Credo siano tantissimi fattori. Loro sono stati portati in mezzo a cose a loro estranee, come l'organizzazione, e gli strumenti "moderni" che gli sono piombati dal nostro mondo, senza esserci arrivati per gradi come noi, senza averne sentito la necessita' prima. Per questo fanno la stessa figura da stupidi che farebbe una persona che non ha mai visto un computer, quando le si chiedesse di produrre un grafico con il programma Excel. A questo aggiungi che per cultura, educazione, ma anche necessità di sopravvivenza, l'innovazione non è prevista nè premiata: ci rende invisi ai potenti, e - in un sistema di sussistenza, innovare può essere pericoloso. Mi spiace dirlo ma l'abbiamo toccato con mano, questa micidiale malattia colpisce il 92% degli uomini (che in quanto detentori del potere lo devono mantenere ugiale a se stesso). Quelle che ti stupiscono in posotivo invece sono sempre le donne.


Su questa percentuale di uomini con un qualche minimo potere, si sovrappone l'50% di disonesti (che sale al 98% nelle aree urbane e nelle classi sociali un po' piu' elevate): purtorppo la miseria e' troppa perche' al minimo odore di denaro, anche cifre ridicolmente basse, non si prodighino tutti per fotterti...in maniera plateale! Voglio dire, se un napoletano te lo mette nel culo, non ti resta altro che da fargli tanto di cappello: se te la fanno rimani quasi piu' sorpreso dell' arte che hanno usato piuttosto che arrabbiato perche' ti hanno fregato. Qui invece ssuccedono delle cose così scoperte o vigliaccamente infime che ti lasciano spiazzato. In questo senso, di impunità del potere, sembra ancora di stare nel medio-evo.


La restante popolazione si divide cosi': le donne sono delle martiri, ma con una forza e una determinazione veramente da muli. In loro si unisce in un binomio struggente la certezza che e' inutile sperare che qualcosa migliori, alla incrollabile determinazione di voler far migliorare le cose. E quello che ne esce, quando ti ci trovi di fronte, ti fa saltare ogni valutazione e giudizio, e ti colpisce dritto nel cuore, facendoti sentire veramente un verme di fronte a chi sputa sangue sorridendo a quel modo, soprattutto in queste zone rurali dove siamo noi. Ed infatti era questo che volevamo raccontare in questa lettera, ma ho pensato di dovervi contestualizzare meglio la realta' di qui, per farvi capire quale uteriore ammirazione sia da tributare a queste donne.

Per tornare all'analisi statistico demografica, se la qualita' dell'onesta' appunto la puoi trovare spesso nelle donne, raramente la trovi invece negli uomini, diciamo massimo in un 10%.

A mettere assieme onesta' e istruzione si arriva allo 0,5%.

Per fortuna abbiamo trovato proprio un esponente di questo 0,5% qui a Bomet, una persona eccezionale, locale che ha messo in piedi una sacco di cose per la sua gente, ed e' impegnato a tempo pieno nello sviluppo. Un sostegno determinante. (Salvo poi scoprire che ha sedici figli. Otto dalla prima moglie che ha lasciato senza batter ciglio, e otto dalla seconda).


Ad ogni modo, avevo iniziato questa lettera per raccontare delle nostre giornate trascorse ad incontrare i gruppi di donne che stiamo incontrando per partecipare al nostro programma.

Lunedi' abbiamo avuta la prima, si trattava appunto di visitare una serie di gruppi che ci avevano selezionato gli operatori sociali della zona (per inciso, gente non molto diversa da quella che vorremmo aiutare, e che per di piu' da luglio non viene pagata perche' qui non ci sono neanche i soldi per gli stipendi -ridicoli).

I giri li facciomo anche con Chelule, il signore appartenente allo 0,5% di cui parlavamo prima. Questo perche' e' bene che ci sia uno come lui, e del luogo, giusto per cercare di prendere il meno fregature possibile, per esempio gli operatori sociali portebbero mettersi daccordo con i gruppi per fotterci i soldi, del tipo: chiedete un prestito ad APS tramite noi, che poi ci spartiamo i soldi.

In italia succederebbe immediatamente cosi', ma qui ci spiegava Chelule, che e' assolutamente improbabile: una grossa organizzazione di microcredito ci aveva detto che non ce l'avremmo fatta da soli, appunto perche' ci vedono bianchi e vedono solo soldi da fregare, ma questo l'hanno detto molto probabilmente solo perche' noi qui stiamo facendo un buon lavoro, abbiamo gia' moltissimi gruppi che a loro fanno molto gola, e non hanno voluto lavorare con noi alle nostre condizioni (cioe' praticando tassi di interesse non da usurai). A questo punto quindi cercano di scoraggiarci. Chelule ci spiegava che qui le persone sono troppo intimorite e ignoranti (non so, provate a pensare ai contadini del secolo scorso, o ai montanari "stupidi" di Don Milani) per neppure osare pensare di porsi contro un istituzione, e' una cosa troppo grossa per loro. Inoltre quando si concede il prestito, si informa il capo clan, il capo del villaggio, i parenti piu' stretti, perche' il senso di onore nei Kipsigies e' molto forte, e il disonore di un debito non pagato ricadrebbe sull'intero clan che a questo punto isolerebbe la persona insolvente: ed essere isolati dal proprio clan significa non poter sopravvivere- fuori dalla comunita' non esiste nessuno.

Ad ogni buon conto, oltre ad un lungo periodo di preparazione prima di dare il credito, si chiedono anche delle garanzie, la mucca, le pentole, il tavolo, le cose che questa gente possiede, e inoltre i prestiti si fanno solo collettivi: si presta a un gruppo di 5- 10, e tutti sono solidarmente responsabili per i mancati pagamenti di ciascuno. All'interno del gruppetto sono i singoli che decidono quanto a ciascuno verra' prestato (si conoscono bene, sanno quanto uno puo' ripagare) e hanno tutto l'interesse a che nessuno ci freghi, perche' ci rimetterebbero personalmente, coi propri beni o vedendosi negato il prestito. La media che ci viene richiesta da gruppi di 15-20 persone e' di circa 3.000.000 L. ripagabili in un anno.

Questo sistema funziona benissimo con le donne, in tutto il mondo, compreso qui, il microcredito funziona bene solo con le donne; degli uomini non si fida nessuno.

Per questo appunto noi stiamo visitando tutti questi gruppi di donne.


Lunedi' abbiamo cominciato con i primi: qui appunto la poverta' spinge tutti ad unirsi; e' nella cultura del luogo che le donne formino gruppi chiamati di auto aiuto, nei quali si sostengono a vicenda in vario modo: raccogliendo piccole cifre che vengono prestate a rotazione ai membri del gruppo indifficolta', aiutandosi a rotazione a sistemare e riparare le case, costruire tank per l'acqua, comprare e vendere legumi, ecc.

Questi gruppi sono molto uniti, spesso sono cristiani, cosa che qui e' vista veramente come un veicolo verso il miglioramento della vita (le chiese sono contro le pratiche della circoncisione e della " schiavitu'" della donna). Parlavo appunto con una delle operatrici sociali, che mi diceva che lo sviluppo dei costumi lo devono ai missionari, che " gli hanno dato queste nuove idee", sulla donna, contro la circoncisione...insomma, cattolicesimo come liberazione, e' tutto dire...


Ad ogni modo, lunedi' partiamo: con noi due operatrici sociali, due donnone enormi il cui braccio e' il triplo della gamba mia e di Aldo messe assieme, e Mr. Chelule, il nostro esperto nonche' uomo della provvidenza.

La zona che dobbiamo visitare e' a sud rispetto Bomet, verso il Trans Mara, il distretto occupato prevalentemente dai parchi naturali e dai masai: l'area comincia ad essere semiarida, e a parte le piogge di questa settimana, erano piu' di sei mesi che non pioveva: l'acqua qui e' un problema terribile, soprattutto perche' dopo El Nino, le stagioni non sono state piu' prevedibili, soprattutto non sanno piu' quando aspettarsi le piogge, che sono scomparse di colpo, causando la siccita' e lo stato di emergenza in Kenya.

Nella zona di Siongiroi appunto la gente aveva piu' solo una pozza dove andare a prendere l'acqua, fangosa e densa: i casi di ameba nelle ultime settimane erano aumentati a dismisura. Adesso ha piovuto due giorni, e appena ha cominciato a piovere tutta la gente e' andata a vedere entusiasta sui bordi della pozza: sono bastati due giorni per garantire acqua per i prossimi 6 mesi, a uomini ed animali (e a proposito di animali: stando qui abbiamo capito il senso letterale del modo di dire "anni di vacche magre". Vedere le vacche secche dalla siccita' e' veramente impressionante, e molto triste).

E questo vi da la misura di quale parsimonia qui si usi nel consumo dell'acqua...ce n'e' poca ed e' lontana: te la devi trasportare sulla testa. Se sei un uomo no, ovviamente, a te tutto e' dovuto, hai la tua moglie schiava che deve portare l'acqua (a volte anche 5 o 10 km di cammino, con barili sulla testa e bimbo sulla schiena), procurarasi la legna, tenere gli animali, crescere i figli, farti da mangiare, e versarti l'acqua per lavarti le mani prima di mangiare...se sei invece donna la cosa comincia a farsi pesante. Il sistema economico occidentale rivolto al profitto immediato che ha portato alla rovina di questi paesi, il cambiamento del clima, la desertificazion di zone fertili, tutto si ripercuote in primo luogo sulla donna, che deve fare sempre piu' kilometri per cercare l'acqua e per la quale e' sempre piu' difficile provvedere alla famiglia.

Lungo la strada (una pista, piu' che una strada) incrociamo i soliti guidatori da fucilazione, con camioncini tipo quelli da elettricista stracolmi di gente e merci; essendo che ci sono pochi mezzi, quelli che ci sono caricano una quantita' inimmaginabile di peso, e infatti ne vedi di piu' fermi, rotti o ribaltati che in marcia sulla strada.


Lunedi' abbiamo incrociato anche due ragazze pronte per la circoncisione. E' un momento estremamente solenne, e qui e' vissuto con estremo orgoglio: i riti si compiono all'inizio di dicembre, e le ragazze pronte per essere circoncise girano in pubblico con uno stranissimo copricapo, una forma di legno che ricorda un ragno, posata sulla testa, coloratissima, e una coda nera di vacca in mano, a mo di frustino. Si sono fatte fotografare, hanno chiacchierato un po' con i nostri passeggeri, e poi abbiamo proseguito. E' un po' come la Monaca di Monza che la facevano giocare con le bambole a forma di suora per convincerla che era la cosa migliore; cosi' queste ragazze i giorni prima del rito sono pompatissime. Inoltre, per la circoncisione maschile (legale) viene chiamato un dottore, per quella femminile - illegale - no, lo fa una esperta del villaggio, usando lo stesso coltello o lametta per tutte le ragazze. I movimenti locali che si oppongono alla circoncisione lo fanno perche' cominciano a considerarla uno dei veicoli con cui si diffonde l'aids. Altri aspetti solo faticosamente vengono toccati, e solo da organizzazioni estere o di citta'.


Ad ogni modo, tra discussioni varie arriviamo al primo gruppo: strada sterrata, due edifici di legno, e un gruppo di donne che accoglie la nostra macchina con canti e balli, tutte schierate fuori, nei loro vestiti e fazzoletti colorati.

Ovviamente si sono intrufolati anche gli uomini "notabili' del villaggio, che non centrano niente, il Chief, il consigliere del partito di governo, qualche presenzialista inutile insomma, ma che da subito scavalca tutte le donne e ci vuole monopolizzare. Del resto loro sono cosi' timide che pensano che noi si debba parlare col capo e col consigliere, piu' che con loro, che sono ignoranti, e che non hanno saputo fare altro che risparmiare fino all'osso (vivono tutte in capanne o case di fango) per 20 anni (il gruppo si e' formato nell'80), comprare un piccolo appezzamento di terra, costruirci due edifici di legno e comprare un posho mill, il macchinario a motore che serve per macinare il Mais (costo sui nove milioni di lire)e che qui e' cio' attorno al quale crescono i paesini. E' una zona contadina, e la sussistenza di tutti sta sul mais che ciascuna famiglia riesce a produrre e porta appunto a macinare. Il posho mill serve a tutti, ma e' un macchinario molto costoso: quasi tutti i posho mill del distretto sono di proprieta' di gruppi di donne, che in anni di sacrifici se lo sono comperate, per spendere di meno a macinare il proprio mais, per camminare meno ore con i sacchi sulle spalle, per creare un entrata sicura che possa sostenere sutto il gruppo di donne. Un gruppo di 15 donne che ha un entrata sostiene un totale di non meno di 300 persone, tra mariti e figli.

Il posho mill da una considerevole entrata mensile, 7000 sh, 210.000 l., dalla quale detraggono lo stipendio dell'operatore di macchina (non credo piu' di 1-2000 sh) e quello del guardiano notturno. In tre anni hanno messo via 180.000 sh, sui due milioni. Adesso vorrebbero costruirne un altro, a qualche km da li, cosicche' le donne dell'altro villaggio non debbano camminare fino li (permettersi un asino per il trasporto non e' da tutti. Oltretutto con la siccita' il prezzo degli asini e' raddoppiato, perche' per trovare l'acqua bisogna andare sempre piu' lontano, e un asino da trasporto quindi e' prezioso), e per avere un altro reddito sicuro. Il prestito che ci chiedono e' di 150.000 sh. Sembra un buon gruppo, hanno un entrata, delle garanzie, sono molto impegnate. Parliamo un oretta delle modalita' e poi pensiamo di poterci salutare per proseguire con la nostra visita agli altri gruppi. Loro ci mettono seduti, l'accoglienza vuole che mangiamo qualcosa: ci portano fette di pane e uova sode, con del te. E poi, quando usciamo cominciano a ballare, al suono dei tamburi, in una danza circolare a cui tutti dobbiamo partecipare. E' il modo di darci i loro regali: a turno siamo chiamati a danzare nel centro, e ci regalano due anfore tradizionali per il latte, fatte da zucche vuotate, con ricamato sulle cinghie di cuoio i nomi "aldo" e "hellena", e uno splendido gallo nero con barba e baffi (?) rosso fuoco, ridendo della nostra sorpresa e dell'incapacita' ad afferrarlo come si deve. Il gallo ci ha accompagnato in macchina scagazzando tutto il giorno, e adesso razzola nel nostro giardino, ben felice di aver conosciuto tutte le galline di Kones (che gallo appunto non aveva).

Ce ne partiamo gia' un po' scombussolati...vedrete le fotografie.


Il secondo gruppo sono addirittura le rappresentanti di 21 gruppi della zona, che ci accolgono con ulteriori balli e canti, e che ci hanno prparato un tavolino sotto gli alberi. Hanno un progetto molto ambizioso. Si sono messe insieme e tassate per comprare una macina industriale, in modo da mettere su uno stabilimento per la macina di tutti i prodotti e per la preparazione di mangimi per le mucche. Notare nuovamente che sono tutte donne. Gli uomini sono troppo impegnati a fare i maschi per mettersi assieme e fare qualcosa di concludente.

Il costo e' 2 mil di sh, 60 milioni, assolutamente fuori dal nostro target, ma Chelule ci dice che e' una buona idea (lui ha appena messo in piedi una centrale del latte in una zona dove chiunque gli avrebbe dato del pazzo, tutto non profit, i propietari sono i contadini della zona che alla fine dell'anno ricevono i dividendi sui guadagni:rende 6 mil di sh al mese, 18 milioni, una cifra folle. Un progetto tanto buono che ne e' stato finanziato l'ampliamento da una ong americana e che adesso sostiene un indotto di diverse centinaia di famiglie, di piccoli produttori di latte e proprietari di biciclette che lo trasportano).

Lo studieremo assieme, e prepareremo una proposta di progetto per ottenere dei finanziamenti, da qualche ong o governi.

Nel frattempo spieghiamo che a parte questo, e del training per metterle in grado di valutare la fondatezza delle loro iniziative economiche, noi ci rivolgiamo a progetti piu' piccoli. Saltano subito fuori: un gruppo di donne ci dice che vogliono mettere su un piccolo magazzino per il mais, in modo da comprare tutto il mais della zona, e avere cosi' voce in capitolo con i compratori della citta', che quando vengono costringono i piccoli contadini ad accettare i loro prezzi stracciati. A quel punto sarebbero grossiste per tutti e potrebbero fare loro il prezzo. Un altro gruppo ci chiede il finanziamento per comprare 10 pecore, e seguira' il corso di produttori di latte offerto da Chelule (3 giorni per insegnare come tenere gli animali, a gente veramente semplice e sguarnita).

A meta' dell'incontro, durato un paio d'ore comincia letteralmente a diluviare, noi siamo in ambarazzo con i nostri ombrelli, le donne sono tutte sedute per terra. Chelule (uomo con ombrello) pero' ci dice che sono abituate, e che quando vedono il celo nero di pioggia partono con i loro bidoni sulle spalle alla ricerca dell'acqua. Quando tornano a sera sono fradice, e hanno camminato per dei chilometri. La pioggia non e' un problema per donna senza ombrello. io col mio non so più dove guardare.

Fortunatamente cala, loro ci hanno preparato il pranzo, ugali (polenta) e pollo, duro come un copertone. Quando finiamo ci fanno anche loro la danza, riceviamo altre due anfore per il latte, cipolle e sacchi di verdure.


Proseguiamo per un altro gruppo. Lasciamo la macchina dopo qualche kilometro di solito sterrato allucinante (tenete presente che e' anche la stagione delle piogge), e cominciamo ad addentrarci a piedi nella campagna; la foresta e' a soli due kilometri. Raggiungiamo un gruppo di capanne, veramente fuori dal mondo. Qui 20 donne si sono messe assieme, e fanno vasellame che vendono nei mercati. Il ricavato va messo in un conto comune, che tiene la tesoriera, e viene dato a turno a una delle famiglie.

Hanno bisogno di almeno due asini e un carretto per trasportare l'argilla e la legna (indovinate come la trasportano adesso?), e di un training per migliorare la loro tecnica (lo fornira' Chelule) e per essere un po' piu' ferrate con la gestione del loro piccolo commercio (lo forniremo noi).

L'ultimo gruppo e' un gruppo che ha comprato un posho mill, ma sono proprio sguarnite: l'hanno comprato disel perche' li non c'e' l'elettricita' , ma a pochi chilometri nel villaggio ce n'e' un altro che va con la luce, e quindi costa molto meno. Non fanno grandi affari, e sono sconsolate. Vorrebbero a questo punto aprirne uno nel villaggio dove c'e' la corrente, ma di posho mill la ce ne sono gia' cinque. E' incredibile, ma loro non riescono a valutare queste cose. Con loro ci sara' molto lavoro da fare, soprattutto di formazione, navigano nella confusione, anche se hanno risparmiato gia' un sacco di soldi. Ovviamente la giornata si conclude con altre danze, altre due anforette, due tazze di latta e altre cipolle.

Alla sera arriviamo a casa che dono le 7 e siamo distrutti, abbiamo fatto almeno quattro ore di sterrato, con la macchina piena di fango, verdure e cipolle, cacca di gallo piu' gallo in pieno comizio di protesta, e profumino di locali stipati in cinque nel sedile dietro.

A questa giornata ne sono seguite e ne seguiranno altre, probabilmente d'ora in poi due giorni alla settimana saranno dedicati alla visita dei gruppi di donne.


Anche giovedi' abbiamo avuto una serie di incontri, questa volta in una zona molto verde e fertile. Sono andata solo io, perche' Aldo stava contrattando l'accordo che stiamo stipulando con K'Rep l'organizzazione che ha aperto 5 banche di villaggio in zona, e con la quale vorremmo gestire il programma. Le banche di villaggio sono delle piccolissime "banche" dove la gente puo' depositare i propri risparmi,e che si rivolgono a tutti quelli (la stragrande maggioranza) che non hanno abbastanza soldi per aprire un conto. In una banca normale servono 5000 sh, in quella di villaggio ne bastano 750, le operazioni bancarie normalmente costano 300 sh, li ne costano solo 3. Inoltre nelle banche di villaggio si possono ottenere prestiti: le condizioni sono abbastanza da usurai, e vengono giustificate con l'alto rischio di prestare soldi in zone povere e che si basano solo sull'agricoltura, ma col nostro progetto apriremo delle linee di credito a gestione separata, molto piu' accessibili e delle quali potranno benaficiare soprattutto i gruppi collettivi, quelli i cui membri da soli non ce la farebbero mai a richiedere e ripagare un prestito. Cosi' non ci facciamo concorrenza: loro si rivolgono ai poveri con due gambe, noi a quelli con una gamba sola.


Anche giovedi' dunque abbiamo incontrato altri gurppi; essendo solo io le donne in macchina con me si sono aperte di piu' e abbiamo chiacchierato un sacco, di matrimonio (prendevano in giro una anziana in macchina con noi che era stata venduta sposa dal padre per comprarsi una mucca), della condizione della donna (sotto l'acqua torrenziale la seguente scena: uomo che cammina davanti senza niente, e moglie dietro a novanta sotto un sacco di mais pesantissimo), circoncisione, e via dicendo.


Il primo gruppo e' un gruppetto di 12 donne che ha seguito un corso per tingere la stoffa, e che adesso ha gia' comprato la tela, fermato una baracchina dove venderla, e vorrebbe vedersi finanziato questo progetto. Si sono gia' riunite e hanno deciso per ciascuna l'esatto importo del prestito: si conoscono e sanno quanto ciascuna puo' richiedere.


E poi, via, altri gruppi, cipolle, cavoli, anfore, e questa volta una gallina, che ha di nuovo scagazzato tutta la macchina. Donne entusiaste e donne smarrite, gruppi in gamba e organizzati, e altri un po alla deriva. Ho anche tenuto una riunione in un pollaio, l'orgoglio di un gruppo raggiunto dopo 16 km di fango e almeno due a piedi giu' per le colline, in un posto verdissimo che sembrava di essere quasi in Irlanda: e mi vedevo dal di fuori, chusa dentro un pollaio di rete metallica senza tetto con la mia interprete, sotto la pioggia, solite donne attentissime intorno (fuori dal pollaio), a spiegare quello che potevamo fare e ringraziarle per l'accoglienza. Ce ne siamo ripartite dopo un pranzo (solita gallina di cemento) cariche di cavoli e almeno quindici chili di patate, perche' a loro non sembrava vero che fossimo arrivate fin lassu'...ad arrancare per questo pendio scivoloso, infangata fino al ginocchio con la gallina in una mano e il sacco di patate nell'altra, diviso per il peso con la mia accompagnatrice.


Beh, a noi questo lavoro piace, ogni tanto le perplessita' ci travolgono, ma poi bastano giornate del genere per ripartire entusiasti. Adesso andiamo a vederci il nostro primo gallo e la nostra prima gallina: inizieremo un allevamento anche noi!


Bacioni a tutti

Elena e Aldo






giovedì 2 novembre 2000

Kenya 4 - Donne


Carissimi,

mentre vi scrivo una mantide verde avanza dondolando sul computer: ho provato a cacciarla con un pezzettino di carta ma mi attacca. Se ha deciso che deve passare proprio di qua, non le faro' cambiare idea.
Come state? Come procede l'autunno? Qui ci muoviamo invece a grandi passi verso l'estate. Non che prima fosse freddo, direi come la nostra estate anche prima, ma adesso la luce e il sole diventano piu' intensi, il cielo sempre piu' ampio e azzurro e...mi spiace per le vostre giornate uggiosette e piovviginose di novembre!!...ok, ok, se io vi invidio le castagne e il vino novello devo ben mettere qualcosa sull'altro piatto, no? Comunque ancora non mi e' difficile...


Nel frattempo qui tutto prosegue. Noi stiamo sempre molto bene, ogni tanto l'africa ancora colpisce lo stomaco (maledetti batteri!), ma oramai io mi sento come se stessi a Cuneo, o quasi. Dopo quasi sei mesi viviamo questo posto come casetta, e abbiamo scoperto di avere veramente una grandissima capacita' di adattamento. Vivere qui non e' difficile, in fondo il Kenya, pur con tutti i suoi disastri, rimane uno dei paesi dell'africa centrale piu'vivibile per un occidentale, a Nairobi troviamo tutto cio' a cui siamo abituati, e Bomet e' in un area molto tranquilla: e' abitata dai Kipsigies, una delle tribu del ceppo che e' ora al governo, pacifica e omogenea, quindi non ci sono neanche problemi di scontri etnici, come invece si hanno in altre parti del Kenya (che etnici alla fine non sono mai, perche' sono tutte fazioni politiche che si combattono, partendo dal principio che e' una democrazia che si basa sulla divisione in tribu).


Anche il lavoro procede, e come ovunque, anche qui puo' essere lento e frustrante: purtroppo la realta' della cooperazione e' che appena provi ad alzare gli occhi del gradino operativo, quello in cui lavoriamo noi, ti rendi conto che e' tutto un mostruoso mangia mangia, sia da parte dei donatori (e cioe' noi, il nostro Ministero, le Ong stesse, per non parlare dei giochetti e degli obbrobri vari della Banca Mondiale) che da parte dei paesi beneficiari. Il Kenya in fatto di corruzione e' veramente agghiacciante: oramai qui si svendono tutto e non c'e' ritegno in niente. Chiunque apena puo' ti chiede soldi, e ti blocca quello che stai facendo finche' non cominci a trattare. Rispetto a noi (cioe'..rispetto ai ladri di casa nostra intendo), sono pero' assolutamente dei dilettanti, fanno tutto in maniera scopertissima, non e' che cercano di raggirarti, e cercano di estorcere denaro senza mascherare in alcun modo le intenzioni, e senza tecniche particolarmente elaborate...oddio,che cominci a diventare razzista? E' che certi giorni sono proprio esasperata...quando non ne possiamo piu' Aldo lancia la frase storica: "Il prossimo posto dove si va a lavorare e' Belluno, ricordatelo!"
Per esempio: per poter operare nei distretti le ong devono ottenere un parere positivo da due organi preposti, uno amministrativo e uno politico. Quello amministrativo non ci ha fatto problemi, e' un organo tecnico che non ha interesse a bloccarci, quello politico invece ci blocca da mesi: i motivi sono due. Uno politico, e' in mano agli avversari del ministro che ha portato qui la nostra ong, e quindi piuttosto che fargli fare bella figura preferirebbero vederci sparire. L'altro puramente economico: vogliono soldi da noi. E se non riusciremo a spuntarla tramite il nostro ambasciatore (l'altro giorno siamo andati in delegazione in ambasciata), dovremo scendere a patti. Io mi rodo come non mai...L'unica cosa positiva e' che non ci hanno fermato, nel senso che noi lavoriamo comunque a tempo pieno, ma con questa spada di damocle sulla testa. E questo complica tutto, perche' cosi' le istituzioni di microcredito che dovrebbero lavorare con noi nicchiano, si tirano indietro...temono lo stato di incertezza in cui ci troviamo, e giustamente, essendo aziende sane, non si vogliono mischiare troppo con la politica...


Ad ogni modo, con alti e bassi, si prova comunque ad andare avanti. Abbiamo deciso di aprire un ramo di microcredito anche per i gruppi di donne. Sono gruppi di auto-aiuto spontanei che si creano un po' ovunque, e che si registrano presso i servizi sociali. Qui in africa lo spirito comunitario e' fortissimo, e nessuno del resto, viste le difficili condizioni di vita, riuscirebbe a fare nulla senza la famiglia allargata o i proprio gruppo di sostegno (spesso religioso, o costituito sulla base di piccoli villaggi o sub locazioni). Molto piu' organizzate, attive e affidabili degli uomini, le donne si uniscono e fanno di tutto: risparmiano, innanzitutto, cosa che sembra incredibile (si parla al massimo di 100 ksh al mese, meno di 3000 lire), e poi i soldi raccolti vengono messi a disposizione a seconda delle necessita' che colpiscono i membri del gruppo: malattie, funerali, tasse scolastiche da pagare, sementi da comprare, e cosi' via. In certi gruppi poi provano a mettere in piedi qualche piccola attivita': allevamento di galline, produzione di marmellata, gestione di un negozietto, fabbricazione di mattoni artigianale (medioevale, direi).
Quindi adesso ci stiamo muovendo anche su questo fronte, che tra l'altro mi piace un sacco: il lavoro sul campo con le donne e' bellissimo. A volte non e' semplice comprendersi, ma sono sempre esperienze molto coinvolgenti.


Per esempio l'ultimo gruppo che abbiamo visitato ci ha dato una di quelle lezioni di vita che ti fanno sentire una cacca. E' un gruppo di vedove, che si e' formato appunto come gruppo,e cercano di sostenersi a vicenda, molte hanno figli, molte sono anziane, insomma gente molto povera di campagna che ha capito che l'unico modo di sopravvivere e' mettersi assieme. Beh, queste donne vivono tutte in capanne, o case di fango, e hanno tutte solo un piccolo pezzo di terra, in una zona argillosa, ottima per fare i mattoni. Quindi ci hanno pensato per un po', hanno spiato a lungo gli uomini che fanno i mattoni in zone vicine,e hanno provato anche loro: adesso c'e' un nostro conoscente molto in gamba, impegnato nello sviluppo, che vista la loro incerdibile determinazione le sta aiutando, e ci ha portato da loro.


Provate a contestualizzare: donne analfabete, sole, contadine, alcune non proprio giovani, in un area di poverta' dove la donna e' ancora in condizioni di totale sottomissione all'uomo (qui la circoncisione femminile e' una realta' che investe il 75% delle donne sopra i 14 anni) si sono messe assieme, pensando di potere fare mattoni e venderli: a essere maschilisti si potrebbe dire non donne con le palle, ma donne coi controcoglioni!



Siamo andati a incontrarle: in mezzo ai campi, vicino ad uno stagno da cui prendono l'acqua per fare i mattoni. Non hanno idea di cosa significhi costo di produzione, guadagni, perdita, prezzo di vendita, utile: semplicemente si sono messe a lavorare letteralmente senza respiro. Scavano l'argilla, portano l'acqua sulla testa per impastarla (in barili da 20 lt. alla volta, mi hanno chiesto ridendo se sono capace di portare 20 lt. sulla testa), scavano delle buche dove fanno l'impasto, ci stanno in piedi dentro, e con una forma di legno che riempiono fanno i mattoni due alla volta. In una settimana in 12 ne hanno fatti 5000.
Si portano da mangiare sul posto, ognuna porta qualcosa e dividono, cosi' perdono meno tempo che ad andare a casa.
I mattoni li stendono per terra e li coprono con erba secca. Non hanno i soldi per comprare i teli di nailon che servirebbero da stenderci sopra i mattoni,e per coprirli, perche' adesso e' la stagione delle piogge, e piove per almeno un ora tutti i giorni, cosi' una percentuale purtroppo notevole di mattoni va persa (infatti dovrebbero seccare per quattro giorni, due su un lato e due sull'altro). Dovevi vedere la distesa di mattoni pronti. Dopodiche' sembra di essere nel medio evo, perche' fanno un enorme mucchione di mattoni con una galleria sotto, tutto ricoperto di terra in modo da fare come una montagna. Sotto lo riempiono di legna e brucia per due giorni ininterrottamente. Alla fine i mattoni sono cotti.
Ci hanno chiamato perche' non hanno alcuna idea di come si faccia a calcolare il prezzo di vendita di ciascun mattone.
E li in mezzo,sotto la pioggia, le guardi, e non capisci piu' come ti senti.


Martedi' saremo da loro, e le includeremo nel nostro progetto.
In un atmosfera di grande energia e allegria (mai immaginarsi l'africa come la terra della disperazione) le donne ci facevano vedere tutti i mattoni fatti e ci spiegavano le cose di cui hanno bisogno: piccoli attrezzi, il nailon, ma soprattutto che qualcuno insegni loro come fare per vendere: cosa bisogna sapere per non perderci.


La quasi totalita' dei gruppi che dobbiamo seguire e' cosi', a parte pochi che hanno ricevuto un minimo di traning da altre organizzazioni tipo la nostra. Gran parte del lavoro che faremo con le donne consistera' appunto in questo tipo di formazione, attraverso piccoli corsi strutturati appunto per donne analfabete che cercano di mettere in piedi qualcosa. Sono corsi che durano un paio di mesi, molto coinvolgenti e belli da seguire, nei quali per piccoli gradini successivi si spiega alle donne come iniziare dei piccoli affari: come scegliere un prodotto che abbia mercato, come calcolare i costi di produzione, i costi fissi, come stabilire un prezzo di vendita, come cercare di tenere una contabilita' anche se si e'analfabeti. Il tutto con poster, disegni, soldi finti, giochi di ruolo,compiti a casa. Loro poi alla fine ci tengono tantissimo a fare una cerimonia ufficiale per la consegna dei certificati di partecipazione, un emozione come la nostra laurea, per donne che magari vedi con le scarpe solo il giorno della "graduation" per l'appunto. Ci tengono talmente tanto che raccolgono anche dei soldi,in maniera che per quel giorno ci sia una bibita per tutti.
Alla fine di questa preparazione sono pronte per ricevere il primo prestito.


E queste donne offrono la garanzia piu' alta di restituzione: con premesse di questo tipo sei matematicamente sicuro che le percentuali di restituzione siano superiori al 90%. Le donne sono piu' serie degli uomini: non buttano i soldi, e se si buttano in una cosa del genere significa che ne hanno veramente bisogno, per i figli, per la scuola, per la sopravvivenza. Una volta che qualcuno da loro un occasione , senza esagerare o voler essere patetici, molto probabilmente l'unica della loro vita fino a quel momento, fanno di tutto per mantenere gli impegni presi.
Le donne dei mattoni hanno deciso che una volta venduti i mattoni appunto, decideranno assieme cosa fare del ricavato.

Insomma,c'e' qualcuno che nellavita si da veramente da fare,e spesso non chiede altro che gli si dia la fiducia necessaria per poter lavorare senza risparmiarsi.



Anche quaggiu' quindi le giornate si susseguono, alcune un po tese, altre veramente dirompenti. All'inizio di ottobre ci siamo presi 10 giorni di vacanza, e siamo stati a Zanzibar: e' la terza volta che ci andiamo, e' un isola unica, per l'oceano dai colori splendidi e improbabili, per l'antica citta' di Zanzibar Town, araba e misteriosa come la luna che la culla di notte, e per i vilaggi sparsi sull'isola. Siamo stati nel nord, in una zona dove trovi bungalow per turisti ma anche molto vicina a un villaggio tradizionale di pescatori. Un posto da sogno, fuori dal mondo e dal tempo, in grado di offrirti scene cosi' belle che ti si incidono nel cuore: la sera tutte le voci nel villaggio, limpide perche' fatto solo di casupole tra le palme, lontano dalla strada o dalle macchine; le donne sedute coi lumini per i vicoli che vendono i pesci; un angolo di luce azzurrina fra le palme dove qualcuno ha portato l'unico televisore del villaggio, in bianco e nero, e la gente seduta per terra ride, commenta o ascolta; le donne che chiacchierano sotto le palme e puliscono la verdura o intrecciano foglie di banani; il friggitore che di giorno noleggia maschere ai turisti e di sera torna nel villaggio a fare cibo semplicissimo per strada. Siamo andati a mangiare diverse volte da lui, sentendoci galleggiare in un mondo quasi irreale e meraviglioso.

Una mattina ho avuto quasi una visione: camminavamo nel villaggio, dove tutti sempre ti salutano, e tra le casette di pietra chiara e grezza si e' aperto uno slargo, dove sono esplosi i colori e le voci di almeno venti donne, coloratissime nei loro Kanga che portano alla musulmana coprendosi la testa; ma i gialli, i rossi fioriti, i verdi e gli azzurri dei loro colori esplodono oltre il senso originale del doversi coprire. Li, tra le casupole e la polvere che si sollevava, le vedevo come al rallentatore fare la farina di riso, come un film sulle civilta' perdute, due donne in piedi con due grandi e lunghe mazze di legno che pestano ritmicamente e alternativamente in un grande pestello di legno, mentre altre cantano intorno, e altre siedono pulendo la farina in orci di metallo lavorato.
E tutte sorridono e ci chiamano, che a me sembra di perdermi in un sogno di vita lontana, mentre mi muovo in mezzo a loro, vedo muoversi lenti i lembi dei loro leggeri teli colorati, colgo i sorrisi e la curiosita'. Le donne si piegano armoniose e forti sul pestello,
ritmando lavoro e canto, sento profumi e voci e odori, che mi entrano nella testa, come in un sogno lontano, nostalgico .
Mi intimidisco, quasi sento di non doverci essere; e sono già oltre, con passi lenti, per non rubare troppo e ancora quanto c'e' di bello, e che si consuma sotto i miei occhi, stropicciato dal passaggio mio e di quelli come me.


Insomma, qui Zeus continua a versare, ma il mio vaso ancora e' ben lontano dall'essere pieno.


Per ora vi saluto,
fatevi sentire anche con poche righe,

con affetto,
Elena