giovedì 2 novembre 2000

Kenya 4 - Donne


Carissimi,

mentre vi scrivo una mantide verde avanza dondolando sul computer: ho provato a cacciarla con un pezzettino di carta ma mi attacca. Se ha deciso che deve passare proprio di qua, non le faro' cambiare idea.
Come state? Come procede l'autunno? Qui ci muoviamo invece a grandi passi verso l'estate. Non che prima fosse freddo, direi come la nostra estate anche prima, ma adesso la luce e il sole diventano piu' intensi, il cielo sempre piu' ampio e azzurro e...mi spiace per le vostre giornate uggiosette e piovviginose di novembre!!...ok, ok, se io vi invidio le castagne e il vino novello devo ben mettere qualcosa sull'altro piatto, no? Comunque ancora non mi e' difficile...


Nel frattempo qui tutto prosegue. Noi stiamo sempre molto bene, ogni tanto l'africa ancora colpisce lo stomaco (maledetti batteri!), ma oramai io mi sento come se stessi a Cuneo, o quasi. Dopo quasi sei mesi viviamo questo posto come casetta, e abbiamo scoperto di avere veramente una grandissima capacita' di adattamento. Vivere qui non e' difficile, in fondo il Kenya, pur con tutti i suoi disastri, rimane uno dei paesi dell'africa centrale piu'vivibile per un occidentale, a Nairobi troviamo tutto cio' a cui siamo abituati, e Bomet e' in un area molto tranquilla: e' abitata dai Kipsigies, una delle tribu del ceppo che e' ora al governo, pacifica e omogenea, quindi non ci sono neanche problemi di scontri etnici, come invece si hanno in altre parti del Kenya (che etnici alla fine non sono mai, perche' sono tutte fazioni politiche che si combattono, partendo dal principio che e' una democrazia che si basa sulla divisione in tribu).


Anche il lavoro procede, e come ovunque, anche qui puo' essere lento e frustrante: purtroppo la realta' della cooperazione e' che appena provi ad alzare gli occhi del gradino operativo, quello in cui lavoriamo noi, ti rendi conto che e' tutto un mostruoso mangia mangia, sia da parte dei donatori (e cioe' noi, il nostro Ministero, le Ong stesse, per non parlare dei giochetti e degli obbrobri vari della Banca Mondiale) che da parte dei paesi beneficiari. Il Kenya in fatto di corruzione e' veramente agghiacciante: oramai qui si svendono tutto e non c'e' ritegno in niente. Chiunque apena puo' ti chiede soldi, e ti blocca quello che stai facendo finche' non cominci a trattare. Rispetto a noi (cioe'..rispetto ai ladri di casa nostra intendo), sono pero' assolutamente dei dilettanti, fanno tutto in maniera scopertissima, non e' che cercano di raggirarti, e cercano di estorcere denaro senza mascherare in alcun modo le intenzioni, e senza tecniche particolarmente elaborate...oddio,che cominci a diventare razzista? E' che certi giorni sono proprio esasperata...quando non ne possiamo piu' Aldo lancia la frase storica: "Il prossimo posto dove si va a lavorare e' Belluno, ricordatelo!"
Per esempio: per poter operare nei distretti le ong devono ottenere un parere positivo da due organi preposti, uno amministrativo e uno politico. Quello amministrativo non ci ha fatto problemi, e' un organo tecnico che non ha interesse a bloccarci, quello politico invece ci blocca da mesi: i motivi sono due. Uno politico, e' in mano agli avversari del ministro che ha portato qui la nostra ong, e quindi piuttosto che fargli fare bella figura preferirebbero vederci sparire. L'altro puramente economico: vogliono soldi da noi. E se non riusciremo a spuntarla tramite il nostro ambasciatore (l'altro giorno siamo andati in delegazione in ambasciata), dovremo scendere a patti. Io mi rodo come non mai...L'unica cosa positiva e' che non ci hanno fermato, nel senso che noi lavoriamo comunque a tempo pieno, ma con questa spada di damocle sulla testa. E questo complica tutto, perche' cosi' le istituzioni di microcredito che dovrebbero lavorare con noi nicchiano, si tirano indietro...temono lo stato di incertezza in cui ci troviamo, e giustamente, essendo aziende sane, non si vogliono mischiare troppo con la politica...


Ad ogni modo, con alti e bassi, si prova comunque ad andare avanti. Abbiamo deciso di aprire un ramo di microcredito anche per i gruppi di donne. Sono gruppi di auto-aiuto spontanei che si creano un po' ovunque, e che si registrano presso i servizi sociali. Qui in africa lo spirito comunitario e' fortissimo, e nessuno del resto, viste le difficili condizioni di vita, riuscirebbe a fare nulla senza la famiglia allargata o i proprio gruppo di sostegno (spesso religioso, o costituito sulla base di piccoli villaggi o sub locazioni). Molto piu' organizzate, attive e affidabili degli uomini, le donne si uniscono e fanno di tutto: risparmiano, innanzitutto, cosa che sembra incredibile (si parla al massimo di 100 ksh al mese, meno di 3000 lire), e poi i soldi raccolti vengono messi a disposizione a seconda delle necessita' che colpiscono i membri del gruppo: malattie, funerali, tasse scolastiche da pagare, sementi da comprare, e cosi' via. In certi gruppi poi provano a mettere in piedi qualche piccola attivita': allevamento di galline, produzione di marmellata, gestione di un negozietto, fabbricazione di mattoni artigianale (medioevale, direi).
Quindi adesso ci stiamo muovendo anche su questo fronte, che tra l'altro mi piace un sacco: il lavoro sul campo con le donne e' bellissimo. A volte non e' semplice comprendersi, ma sono sempre esperienze molto coinvolgenti.


Per esempio l'ultimo gruppo che abbiamo visitato ci ha dato una di quelle lezioni di vita che ti fanno sentire una cacca. E' un gruppo di vedove, che si e' formato appunto come gruppo,e cercano di sostenersi a vicenda, molte hanno figli, molte sono anziane, insomma gente molto povera di campagna che ha capito che l'unico modo di sopravvivere e' mettersi assieme. Beh, queste donne vivono tutte in capanne, o case di fango, e hanno tutte solo un piccolo pezzo di terra, in una zona argillosa, ottima per fare i mattoni. Quindi ci hanno pensato per un po', hanno spiato a lungo gli uomini che fanno i mattoni in zone vicine,e hanno provato anche loro: adesso c'e' un nostro conoscente molto in gamba, impegnato nello sviluppo, che vista la loro incerdibile determinazione le sta aiutando, e ci ha portato da loro.


Provate a contestualizzare: donne analfabete, sole, contadine, alcune non proprio giovani, in un area di poverta' dove la donna e' ancora in condizioni di totale sottomissione all'uomo (qui la circoncisione femminile e' una realta' che investe il 75% delle donne sopra i 14 anni) si sono messe assieme, pensando di potere fare mattoni e venderli: a essere maschilisti si potrebbe dire non donne con le palle, ma donne coi controcoglioni!



Siamo andati a incontrarle: in mezzo ai campi, vicino ad uno stagno da cui prendono l'acqua per fare i mattoni. Non hanno idea di cosa significhi costo di produzione, guadagni, perdita, prezzo di vendita, utile: semplicemente si sono messe a lavorare letteralmente senza respiro. Scavano l'argilla, portano l'acqua sulla testa per impastarla (in barili da 20 lt. alla volta, mi hanno chiesto ridendo se sono capace di portare 20 lt. sulla testa), scavano delle buche dove fanno l'impasto, ci stanno in piedi dentro, e con una forma di legno che riempiono fanno i mattoni due alla volta. In una settimana in 12 ne hanno fatti 5000.
Si portano da mangiare sul posto, ognuna porta qualcosa e dividono, cosi' perdono meno tempo che ad andare a casa.
I mattoni li stendono per terra e li coprono con erba secca. Non hanno i soldi per comprare i teli di nailon che servirebbero da stenderci sopra i mattoni,e per coprirli, perche' adesso e' la stagione delle piogge, e piove per almeno un ora tutti i giorni, cosi' una percentuale purtroppo notevole di mattoni va persa (infatti dovrebbero seccare per quattro giorni, due su un lato e due sull'altro). Dovevi vedere la distesa di mattoni pronti. Dopodiche' sembra di essere nel medio evo, perche' fanno un enorme mucchione di mattoni con una galleria sotto, tutto ricoperto di terra in modo da fare come una montagna. Sotto lo riempiono di legna e brucia per due giorni ininterrottamente. Alla fine i mattoni sono cotti.
Ci hanno chiamato perche' non hanno alcuna idea di come si faccia a calcolare il prezzo di vendita di ciascun mattone.
E li in mezzo,sotto la pioggia, le guardi, e non capisci piu' come ti senti.


Martedi' saremo da loro, e le includeremo nel nostro progetto.
In un atmosfera di grande energia e allegria (mai immaginarsi l'africa come la terra della disperazione) le donne ci facevano vedere tutti i mattoni fatti e ci spiegavano le cose di cui hanno bisogno: piccoli attrezzi, il nailon, ma soprattutto che qualcuno insegni loro come fare per vendere: cosa bisogna sapere per non perderci.


La quasi totalita' dei gruppi che dobbiamo seguire e' cosi', a parte pochi che hanno ricevuto un minimo di traning da altre organizzazioni tipo la nostra. Gran parte del lavoro che faremo con le donne consistera' appunto in questo tipo di formazione, attraverso piccoli corsi strutturati appunto per donne analfabete che cercano di mettere in piedi qualcosa. Sono corsi che durano un paio di mesi, molto coinvolgenti e belli da seguire, nei quali per piccoli gradini successivi si spiega alle donne come iniziare dei piccoli affari: come scegliere un prodotto che abbia mercato, come calcolare i costi di produzione, i costi fissi, come stabilire un prezzo di vendita, come cercare di tenere una contabilita' anche se si e'analfabeti. Il tutto con poster, disegni, soldi finti, giochi di ruolo,compiti a casa. Loro poi alla fine ci tengono tantissimo a fare una cerimonia ufficiale per la consegna dei certificati di partecipazione, un emozione come la nostra laurea, per donne che magari vedi con le scarpe solo il giorno della "graduation" per l'appunto. Ci tengono talmente tanto che raccolgono anche dei soldi,in maniera che per quel giorno ci sia una bibita per tutti.
Alla fine di questa preparazione sono pronte per ricevere il primo prestito.


E queste donne offrono la garanzia piu' alta di restituzione: con premesse di questo tipo sei matematicamente sicuro che le percentuali di restituzione siano superiori al 90%. Le donne sono piu' serie degli uomini: non buttano i soldi, e se si buttano in una cosa del genere significa che ne hanno veramente bisogno, per i figli, per la scuola, per la sopravvivenza. Una volta che qualcuno da loro un occasione , senza esagerare o voler essere patetici, molto probabilmente l'unica della loro vita fino a quel momento, fanno di tutto per mantenere gli impegni presi.
Le donne dei mattoni hanno deciso che una volta venduti i mattoni appunto, decideranno assieme cosa fare del ricavato.

Insomma,c'e' qualcuno che nellavita si da veramente da fare,e spesso non chiede altro che gli si dia la fiducia necessaria per poter lavorare senza risparmiarsi.



Anche quaggiu' quindi le giornate si susseguono, alcune un po tese, altre veramente dirompenti. All'inizio di ottobre ci siamo presi 10 giorni di vacanza, e siamo stati a Zanzibar: e' la terza volta che ci andiamo, e' un isola unica, per l'oceano dai colori splendidi e improbabili, per l'antica citta' di Zanzibar Town, araba e misteriosa come la luna che la culla di notte, e per i vilaggi sparsi sull'isola. Siamo stati nel nord, in una zona dove trovi bungalow per turisti ma anche molto vicina a un villaggio tradizionale di pescatori. Un posto da sogno, fuori dal mondo e dal tempo, in grado di offrirti scene cosi' belle che ti si incidono nel cuore: la sera tutte le voci nel villaggio, limpide perche' fatto solo di casupole tra le palme, lontano dalla strada o dalle macchine; le donne sedute coi lumini per i vicoli che vendono i pesci; un angolo di luce azzurrina fra le palme dove qualcuno ha portato l'unico televisore del villaggio, in bianco e nero, e la gente seduta per terra ride, commenta o ascolta; le donne che chiacchierano sotto le palme e puliscono la verdura o intrecciano foglie di banani; il friggitore che di giorno noleggia maschere ai turisti e di sera torna nel villaggio a fare cibo semplicissimo per strada. Siamo andati a mangiare diverse volte da lui, sentendoci galleggiare in un mondo quasi irreale e meraviglioso.

Una mattina ho avuto quasi una visione: camminavamo nel villaggio, dove tutti sempre ti salutano, e tra le casette di pietra chiara e grezza si e' aperto uno slargo, dove sono esplosi i colori e le voci di almeno venti donne, coloratissime nei loro Kanga che portano alla musulmana coprendosi la testa; ma i gialli, i rossi fioriti, i verdi e gli azzurri dei loro colori esplodono oltre il senso originale del doversi coprire. Li, tra le casupole e la polvere che si sollevava, le vedevo come al rallentatore fare la farina di riso, come un film sulle civilta' perdute, due donne in piedi con due grandi e lunghe mazze di legno che pestano ritmicamente e alternativamente in un grande pestello di legno, mentre altre cantano intorno, e altre siedono pulendo la farina in orci di metallo lavorato.
E tutte sorridono e ci chiamano, che a me sembra di perdermi in un sogno di vita lontana, mentre mi muovo in mezzo a loro, vedo muoversi lenti i lembi dei loro leggeri teli colorati, colgo i sorrisi e la curiosita'. Le donne si piegano armoniose e forti sul pestello,
ritmando lavoro e canto, sento profumi e voci e odori, che mi entrano nella testa, come in un sogno lontano, nostalgico .
Mi intimidisco, quasi sento di non doverci essere; e sono già oltre, con passi lenti, per non rubare troppo e ancora quanto c'e' di bello, e che si consuma sotto i miei occhi, stropicciato dal passaggio mio e di quelli come me.


Insomma, qui Zeus continua a versare, ma il mio vaso ancora e' ben lontano dall'essere pieno.


Per ora vi saluto,
fatevi sentire anche con poche righe,

con affetto,
Elena







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