mercoledì 29 aprile 2009

Senegal 7 - Modou-Lò!!



E infatti siiii!!!! Sblocco totale!!!!
Allo stadio ci siamo stati davvero: al grande Stadio Demba Diop, per Modou-Lò “Le Roc” contro Issa Pouye “Le Caiman de Thiaroye sur Mer”, ovverossia Ercole contro Polifemo, ovverossia un mitico incontro di lotta senegalese. Adesso io sono una super fan di Modou-Lò/ Le Roc de Rock Energy che ha vinto contro il Caimano, e compro sempre “L’AMB, le quotidien des Arènes Sénégalaises” , l'equivalente in Senegal della Gazzetta dello Sport nei periodi caldi di campionato.
Come spiegarvi il grandioso spettacolo della lotta senegalese, e dei senegalesi allo stadio per vedere la lotta senegalese, e dei toubab italiani allo stadio per vedere la lotta senegalese e i senegalesi che guardano la lotta senegalese?
Il mondo è complicato, e anche questo lo è. Ma bellissimo!!

Innanzitutto le cose più ovvie: i lottatori sono dei giganti, che si sfidano a buttarsi a terra, tipo lotta greco romana, ma nella quale sono ammessi anche i pugni; questo per esigenze di business, perchè l'antica lotta senegalese non prevedeva i pugni. Siccome però gli incontri andavano avanti delle ore, o delle notti intere, allora hanno pensato che si vendeva meglio se la si faceva finita un po' prima. Quindi ok ai pugni, e adesso gli incontri durano anche solo pochi secondi (che se ti tira un cartone un toro di 120 kili che vuole vincere non è che si vada avanti di lungo). Quello che abbiamo visto noi è durato 2 minuti e 35, e la gente era davvero arrabbiata che cincischiassero in questo modo. Incontri famosi sono durati 18 secondi.

Della lotta senegalese sono state fatte bellissime foto: in particolar modo Beatrice Jourdan, ungherese che vive a Dakar ne ha fatte di splendide a questo indirizzo:
http://www.flickr.com/photos/lilion/sets/72157614846704104/show/.
Dovete assolutamente vederle.

Devo dire che mi è presa una grande passione... Aldo di questo si arrabbia un po', forse ha ragione, ma mi colpisce l'intensità con cui tutti qui, i lottatori e la gente, vivono questo sport (lui dice tutte balle che mi vede gli occhi fuori dalle orbite quando guardo le foto dei tipi in ciripà...).

La lotta senegalese è uno sport in senso stretto solo nell'aspetto più esteriore (due enormi giganti super palestrati che si sfidano a mani nude in un arena di sabbia); poichè è una grande disciplina globale, che affianca nella stessa misura allenamento fisico e preghiera (qui Aldo alza gli occhi al cielo, mi dice di vergognarmi e se ne va).

Perchè i lottatori sono tutti coperti di gri-gri, ovverossia amuleti e talismani di vario tipo, che vengono preparati dal marabù della squadra (decisamente più importante dell'allenatore), e che segue la preparazione spirituale dell'atleta: nella lotta l'atleta non sfida l'avversario, ma il proprio spirito. E questo aspetto, quando le lotte durano ore sotto i baobab e il sole dei villaggi, diventa uno zen da fare proprio e interiorizzare. Allo stadio rimane un grande spettacolo collettivo, che si concretizza nel fatto che si sta sugli spalti 3 ore per un incontro di meno di un minuto, poichè si seguono tutti i preparativi rituali e "magici" che precedono la lotta, come si seguirebbero i rigori ad una partita dei mondiali. Ed è questo l'aspetto più incredibile dello spettacolo, anche di quello modernizzato e super pagato negli stadi.



A Dakar tutti i ragazzi delle periferie sognano di diventare lottatori, come da noi i ragazzini di Napoli sognavano di diventare Maradona. Questo significa che: tutte le spiagge della città sono delle gigantesche ed affollatissime polisportive, dove tutti i giorni si allenano centinaia e centinaia di ragazzi e uomini, super atletici e salutisti. E per ricaduta che portare i bambini in spiaggia dopo la scuola è f-a-v-o-l-o-s-o, e che Aldo oramai minaccia il divorzio (qui il tipico senegalese è atletico comunque, figurarsi poi quelli che fanno sport seriamente...ehehehehehe, per tutte le mamme e le amiche in ascolto).
Ma i lottatori sono anche, in maniera forse poco comprensibile per noi, dei modelli da seguire non solo dal punto di vista fisico, ma anche religioso e spirituale: perchè non è il lottatore che vince, ma Dio che indica che è colui che si merita di vincere.
Lunedì ho comprato il giornale come ogni brava fan della lotta e mi ha lasciato allibita il tenore dell'intervista al mio mito vincitore Modou-Lò, che fondamentalmente parlava solo di Dio, e di come lui si rimetta completamente alla sua volontà. Lui si allena 12 ore al giorno, sicuramente prende anche degli anabolizzanti per essere quello che è a 22 anni, ma è Dio che lo guida, lo premia e lo punisce (ma questo poco, perché siamo a quattordici incontri consecutivi vinti).

Modou-Lò è un vicino di casa di Eva, abita a Parcelles (altro quartiere periferico e molto popolare di Dakar, fucina di lottatori), e si allena anche nella stesso club dove Franceschino va al nido...pare strano ma è un complesso polivalente, ecco, mettiamola cosi. Eva mi ha detto che un giorno gli ha presentato Franceschino, che con la sua faccia di tolla, per niente preoccupato, alla richiesta di salutarlo ha detto "NO!": sarà un toro anche Franceschinooooo!!! Io pure l'ho incontrato, e devo dire che senza preavviso mi ha fatto paura: il colosso di Rodi col sorriso. Io a sua richiesta lo avrei salutato senza batter ciglio.

Dopo vari racconti di Eva e di Mamadù, il guardiano bambara di casa nostra, che si gloria di aver fatto parte nel 2004 della squadra di supporto tifo-musica-animazione di Mohammed Ndao “Tison”, il lottatore più amato da sempre in Senegal, un istituzione mai superata (diciamo tipo Pelè, o Dino Zoff), un giorno Eva, dall'alto anche lei dei suoi 120 kg ha sentenziato, a gambe larghe nel soggiorno e con poche parole "Il 26 c'e un incontro importante allo stadio: ci dovete andare".
Noi non aspettavamo altro, e comunque ciò che dice Eva noi lo facciamo sempre (mai discutere con uno più grosso di te). Quindi è scattata la corsa ai biglietti: che poi corsa non è, perchè quà correre non si corre. Do i soldi a Mamadù, conveniamo che anche lui venga con noi (giusto per non farci travolgere, derubare, pestare o ingannare dei primi 10 secondi dell'uscita) e per qualche giorno rimane seduto sul marciapiede. “Ma mi avevi detto che è difficile, che bisogna fare code, che si deve andare a Libertè 2 (il quartiere dello stadio), che forse conosci l’amico dell’amico dell’amico…”; Mamadù impassibile mi diceva sempre che bisognava aspettare la radio (?); poi quando noi davamo la cosa per persa (sabato sera), domenica mattina i tre biglietti sono apparsi!

Si va, si va, si va!!!!!! Ottimo a che ora inizia? Non esiste l’ora di inizio, uno va diciamo indicativamente dopo la preghiera del mezzogiorno, e poi entro il tramonto si vede l’incontro. Noi optiamo quindi per partire da casa alle 15.30. Eva arriva puntuale per tenerci i bambini alle 16.30, lenta sulla strada col legnetto in bocca (“Ma perché non rispondevi al cellulare?!” “Perché sono già arrivata”), io già convinta di essermi persa il grosso della kermesse. Ma lei abita di fianco a Modu Lo, quindi ha partecipato credo all’organizzazione dell’addobbo con bandiere della “contrada” . Finalmente si parte, Mamadù è solenne, siede davanti nel taxi e ci tratta come un papà coi bambini. A me va bene: il casino è bello grosso e senegalese!!!!!!! Napoli con sabbia e montoni all’ultima di campionato, camion che scaricano tifosi appesi in 180, con tamburi, sonagli, magliette da tifosi (se sei un vero tifoso te la regala Modou-Lò, come Tison ha fatto con Mamadù, che ogni tanto la mostra come una reliquia a Francesco, suo figlio putativo).

Entrare allo stadio è come credo entrare in tutti gli stadi, ma molto più incasinato; 5.000 franchi posti all’ombra, 1.000 franchi quelli al sole. Gli ultras stanno tutti al sole, noi all’ombra, di fronte (veramente l’ombra arriva un ora dopo, dovrebbero essere posti coperti, ma della copertura c’e’ solo l’impalcatura rovente al sole), stadio fitto di ogni tipo di Senegalese – quasi tutti uomini, giovani e vecchi, che masticano legnetti, sgranocchiano arachidi, e bevono succhi locali, che vengono venduti in sacchetti di plastica lanciati da almeno 20 mt di distanza dai venditori che si fanno largo tra la folla. C’e’ un buon profumo di Caffè Touba, il caffè insaporito col jarr, una spezia aromatica e leggermente pepata, e il clima è caldo in tutti i sensi. Quindi troviamo posto, e ci prepariamo all’inizio, perché chiaramente non è ancora iniziato, si sta tutti aspettando, mi pare evidente.
Nel campo il mondo: al centro l’arena di sabbia coi sacchi di riso (per i lottatori che intrattengono prima del combattimento principale), e gente che gira in lungo in largo, gruppi che suonano, polizia ed esercito con i fucili (mmmm, mica bello a vedersi…), gruppi di omoni in tuta che trasportano tonnellate di grossi bottiglioni e sacchi da un lato all’altro del campo, altri gruppi che ogni tanto si mettono a ballare, uno speaker che dice chissà cosa, nella confusione sovrana, e a me sembra che ci sia tanta gente nel campo quanta sugli spalti (per altro lo stadio è pienissimo). Nell’attesa dell’inizio anche io compro arachidi, e sgranocchio, chiacchieriamo con Mamadù, mi rendo conto che siamo letteralmente circondati dai fans di Modou-Lò (tendenzialmente circa della sua taglia - quindi la decisione di tifare per lui è confermata) magliette, quadri, ogni tanto qualcuno urla e scattano delle risse anche sugli spalti. Io mi alzo e scappo un paio di volte, Aldo ride e dice che sono fifona, ma sono tutti quattro volte me, e lui la sensazione di essere l’unica bianca nello stadio non ce l’ha. Però tutte le volte che qualcuno fa casino, e comincia il maremoto, sembra come una catarsi: il malcapitato, che chiaramente ha fatto qualcosa di sbagliato, tipo lanciare un insulto, si incazza con tutti, tutti si saltano addosso, poi il malcapitato chiede scusa e tutti si risiedono. Le risse scoppiano anche i campo, ed a un certo punto la polizia entra con le moto e fa una sorta di parata lentissima e osannata da tutti.
Capisco quindi, dopo più di un ora di attesa, che non stiamo aspettando lo spettacolo, ma che questo E’ lo spettacolo! Si va allo stadio per assistere a tutti i preparativi rituali e magici che precedono un combattimento, accompagnati, per ciascuna “scuderia” di atleti, dai propri percussionisti di djembè, e tutti sono infiammatissimi, e il tifo è come durante le nostre partite.
Con l’aiuto di Mamadù, e seguendo gli umori della folla, comincio a capire quello che vedo: molto lentamente, una alla volta, sono entrate le quadre degli atleti, danzando in modo pesante da guerrieri, e la gente applaude la musica, un certo tipo di passo piuttosto che un altro, commenta le abilità, i gesti guasconi, si esalta e urla quando il proprio lottatore passa sotto i propri spalti; la ola scattata allo stadio quando sono entrate le moto era perché si trattava di Modou-Lò che guidava la moto di suo cugino poliziotto (tutti sanno tutto, è come un grande paese, dove gli eroi sono ancora vicini di casa della gente comune); i lottatori inventano i modi più spettacolari per fare il proprio ingresso: una corsa velocissima, una grande danza che sembra quella della guerra, girano avanti ed indietro per il campo, e mostrano che cosa la squadra ha con se: ovverosia tonnellate di gri-gri!
Per almeno due ore, intercalando il tutto con corse, risse separate da esercito e polizia anche in campo, danze – mentre si svolgono altri due o tre combattimenti minori - i lottatori lentamente si spogliano, rimangono in ciripà e continuamente si versano in testa e sul corpo il contenuto dei misteriosi bottiglioni: acqua, latte, olio, e poi sabbia, e ancora liquidi rossi, o gialli: tutti preparati dal marabù per propiziare la vittoria.

Si legano e slegano fascie, stringhe, cuoio, attorno a braccia, gambe, corpo; tengono in bocca delle particolari pipe colorate, brandiscono code di zebù o corna di montoni, tutto in un misto davvero strano di modernità e mistero, rito e mercato. E la gente commenta: l’ordine in cui vengono versate le bottiglie, la tal danza dopo la rottura della giara rossa, il corno brandito verso l’avversario, i segni sulla sabbia che il marabù ordina al lottatore di disegnare. Anzi, i marabù non ci sono, sono a casa; allo stadio con la squadra vengono i melangères, diciamo gli specialisti che conoscono perfettamente l’ordine con il quale le almeno quaranta bottiglie diverse da 10 litri devono essere versate addosso. Molte sono piene anche di pezzettini di carta colorata sciolta: sono le preghiere, i vaticini, le indicazioni che i marabù hanno scritto sui fogli, strappato in mille piccoli pezzettini e sciolto nei liquidi. Quindi i lottatori dopo poco sono coperti di latte, sabbia, pezzetti di carta, e poi olio, e ancora acqua, e qualcosa di rosso, e poi ancora carta, e poi corse, danza, e ancora bottiglie, e tutti che tifano, urlano, ballano.
Mi è piaciuto moltissimo.

Alla fine, quando il sole è calato, i lottatori sono entrati nel cerchio di sabbia (avvicinamento lunghissimo), lo stadio oramai stracolmo ha aperto i cancelli ed è rotolata dentro una folla di spettatori non paganti che premeva da fuori. Per un venti minuti buoni a me è sembrato che i due arbitri continuassero a dare il fischio d’inizio senza che nessuna delle centinaia di persone presenti nel campo li cagasse di striscio, e poi all’improvviso i due lottatori si sono messi di fronte e hanno cominciato a guardarsi. Silenzio totale nello stadio (diciamo, silenzio senegalese, gran casino ma chiaramente del tipo: questo è silenzio): per almeno un minuto e mezzo le Roc e le Caiman non hanno fatto altro che far girare le braccia in ampi cerchi, dall’alto al basso, sfiorandosi le mani, studiandosi (gente infastidita, troppo lungo; ma uno dei due è un tattico, e forse tutti e due i marabù avevano detto di non colpire per primo; o forse il marabù più forte aveva reso impossibile all’altro di cominciare, o forse uno dei due vedeva nebbia davanti a se, o il corpo dell’altro era rovente come fuoco. Queste tutte cose che i lottatori poi riferiscono, e che la gente commenta e si racconta a lungo).


Poi in pochi attimi Le Roc affonda un pugno, si sbilancia, Le Caiman lo afferra per la vita e lo piega, tensione immobile e violentissima fra i due, finchè Modou-Lò Le Roc scarica una serie di pugni (due? Tre? )velocissimi e violenti, si rialza con un colpo di reni, torce l’avversario e lo getta a terra: woooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo!!!
Boato! Modu-Lò Parte a correre…e noi come allo sparo del via letteralmente fuggiamo dallo stadio: tutto il mondo è impazzito!!!!! Tutti urlano e saltano, e io ho questo ricordo ridicolo ed inquietante di correre nell’imbrunire, nella polvere e nel casino di un grande boulevard africano tutto distrutto, annebbiato dalla polvere e dagli onnipresenti sacchetti neri di plastica che volano dappertutto, inseguiti da migliaia di persone che impazzite ruggiscono e urlano, e la sensazione che non hai chiaro se scappi o corri, ma che è meglio andar veloci. L’emozione in gola e l’adrenalina a mille, con Aldo che ride strano, e mi tiene per la mano, e tutto che si allontana, mentre per fortuna troviamo un taxi che ci carica al volo e scappa via pure lui!!! Dal lunotto tutto crepato ed impolverato vediamo nei lampioni sfuocati la gente che corre e grida, che non insegue noi, ma la propria energia, la radio del taxista dice che uno dei due lottatori ha i denti rotti, Mamadù racconta concitato l’incontro in wolof, e Modoù-Lò viene portato in trionfo fino a Parcelles.

Eva ci ha poi raccontato che ha fatto fatica a tornare a casa, che il quartiere era impazzito, che tutti urlavano e cantavano e ballavano, e si suonava ovunque, e che dopo mezzanotte la polizia ha letteralmente chiuso in casa tutti quanti.

Io, convinta di essere scampata alla morte ho avuto l’adrenalina a mille tutta notte, e facevo i cori da stadio a letto, “Modu-lò!!! – Modu-Lò!!! – Modu-Lò!!!”. Che poi ho trasformati in “Zigu-lì zigu-lì bonna-nuit-Zigu-lì” per Aldo, grande lottatore di questa famiglia, che ha cercato di soffocarmi col cuscino.


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